Copywriting:
il peso delle parole nel marketing

Copywriting:
il peso delle parole nel marketing

L’arte di saper comunicare nel passato

Le parole, se usate bene, hanno il potere di determinare le mosse di chi è in ascolto. Se si pensi all’antica Roma, l’ars oratoria rappresentava la capacità di parlare in pubblico in maniera eloquente e con l’utilizzo della retorica.

Ma cosa fa esattamente il copywriter?

Il copywriter non è solo un bravo scrittore, è soprattutto un bravo comunicatore. Questo è uno dei concetti chiave da tenere a mente per poter abbracciare e comprendere la filosofia di questo lavoro.

Trasmettere delle emozioni, delle idee, delle visioni attraverso il semplice uso delle parole non è assolutamente cosa da poco.

I migliori amici di un copywriter sono: fantasia, empatia e capacità di vedere oltre.

L’importanza del copy nelle pubblicità

Saper scrivere, saper comunicare, ma farlo in ottica marketing. Ecco perché il copywriter è una delle figure cardine nella creazione di contenuti e campagne pubblicitarie.

A sostengo della nostra tesi, vi presentiamo alcune delle campagne più iconiche che vedono come protagonista l’importanza delle parola.

  1. O così o Pomì” di Pino Pilla (Pomì)

Quattro parole, rima baciata e via: uno dei copy più iconici e vincenti di sempre che diventa parte integrante della cultura italiana.

Il claim “O così o Pomì” fa trasparire tutta la semplicità, naturalezza e quotidianità del prodotto: un pomodoro tipico italiano, il jolly della cucina nostrana.

Pino Pilla, una delle menti più brillanti resterà per sempre uno dei simboli eterni del copywriting in Italia… fra i suoi copy più iconici ricordiamo “Ancora una e poi basta” per Patatine Pai; “Il tuo capo dice che sei bravo, intelligente, ambizioso. Come mai hai un capo?” per Mondadori e così via… ci fermiamo qui perché l’articolo diventerebbe interminabile!

2. “Think small” di Julian Koenig (Volkswagen)

Questo è l’esempio di un copy che sfida un’intera società. Per la società consumistica del 1960 questa era l’anti-campagna per eccellenza.

Nell’era delle pubblicità a illustrazione, colorate e che raffiguravano donne affascinanti o famiglie “felici”, viene proposta una campagna in bianco e nero, con un piccolo maggiolino come protagonista, collocato su uno sfondo vuoto e spoglio con un copy decisamente in controtendenza: “Think small”.

Perché una società abituata a pensare IN GRANDE doveva pensare in piccolo? Perché a volte pensare in piccolo può ripagare alla grande. E così fu.

3. “Operazione aria rosa” di Edward Luck Gossage (Fina)

Edward Luck Gossage, il precursore del concetto di engagement e coinvolgimento dell’utente.

Negli anni ’60, Gossage dà vita a una campagna pubblicitaria per conto del carburante FINA che si può riassumere in tre semplici parole: creatività, sarcasmo e interattività.

Nel periodo in cui le compagnie petrolifere pubblicizzavano ogni tipo di additivo, Gossage s’inventa l’esistenza della famosa aria rosa, un additivo segreto (talmente segreto che non esisteva affatto!). Gossage quindi si concentra sulla presentazione di questo additivo che non si sarebbe trovato da nessun’altra stazione di benzina e sottolinea il fatto che questo additivo non sia da considerare un valore aggiunto, ma che additivo rosa o no, loro rimanevano i migliori sul mercato.

Conclude infine con quella che oggi chiameremmo una “call to action” dicendo:

Tuttavia, se vi mancasse (come probabilmente vi manca) il tappo di una valvola, e ve ne piacesse uno rosa, saremmo lieti di inviarvene uno gratis e prepagato. Dovete solo compilare il coupon. Se dovesse interessarvi anche una carta di credito Fina, segnate una X nell’apposito quadratino.

Ed ecco qui la genialità e l’intraprendenza di questo intramontabile copywriter. Voi l’avreste compilato il modulo?

4. Il dentifricio: uno dei mezzi per diventare più belli secondo Claude C. Hopkins (Pepsodent)

Quando una campagna riesce a introdurre una nuova abitudine nella società, vuol dire che si è fatto un lavoro sublime, ma trattandosi di Hopkins, questo lo sapevamo già.

Nei primi anni del ‘900, gli americani non erano soliti lavarsi i denti e per questo motivo, quando fu proposto a Hopkins di occuparsi della campagna per Pepsodent, un noto dentifricio, ma questo non si mostrò convinto. Successivamente spinto dalla voglia di superarsi, Hopkins trovò la giusta leva su cui puntare per persuadere gli americani ad adottare questa nuova abitudine: il raggiungimento della tanto agognata bellezza.

Non era importante la necessità di lavarsi i denti, quanto il farlo con il dentifricio Pepsodent. Solo così era possibile ottenere un sorriso migliore e quindi un aspetto decisamente più bello. Hopkins aveva infatti in primo luogo individuato un problema comune: quella che lui chiamava la patina sui denti e in secondo luogo aveva trovato uno stimolo da sfruttare: il raggiungimento della bellezza… et voilà, il gioco era fatto.

5. “Liscia, gassata o Ferrarelle?” di Annamaria Testa (Ferrarelle)Alzi la mano chi non ha mai sentito queste paroline! Bene, le conosciamo tutti. Annamaria Testa è riuscita a esaltare l’unicità dell’acqua Ferrarelle utilizzando tre parole appunto (o quattro per i più pignoli!) e sfruttando l’immagine dell’inconfondibile Gioconda!

Siccome non vogliamo farci mancare nulla, un altro copy iconico dettato dal genio di Annamaria Testa è “Nuovo? No, lavato con Perlana”, che anch’esso è riuscito a imporsi all’interno della società italiana.

Provate a chiudere gli occhi e ad immaginare le prime parole che vi vengono in mente in seguito alla domanda “È nuovo?”.

Ecco qui la risposta…

Questo significa essere un copywriter: essere in grado di saper comunicare in maniera creativa e innovativa andando fuori dagli schemi; riuscire a farsi assorbire da un’intera cultura; pensare in piccolo quando tutti pensano in grande; osare usando ironia; far sognare le masse e riuscire a entrare inconsciamente nei cuori della gente.

Il nostro appuntamento, ahinoi finisce qui.

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A presto!

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